martedì 2 dicembre 2008
Nella sua città natale, il presidente della Repubblica affronta l'emergenza meridionale: «Lo sconforto, un lusso che non ci possiamo permettere».
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Le condizioni del Mezzogiorno d'Italia non sono certo le migliori, sotto ogni punto di vista. Certo, esistono settori, attività di eccellenza nell'econonia come nella cultura che possono essere sicuramente portate ad esempio ma è nella gestione ordinaria, nell'approccio quotidiano delle istituzioni centrali e locali alle risorse da impiegare, ai problemi sociali da risolvere, all'impegno da mettere in campo che si registra un preoccupante ritardo, quando non colpevole assenza, della politica. Insomma, riemerge in tutta la sua drammaticità la famosa "questione meridionale", che lungi dall'essere risolta si pone all'attenzione di tutti uno dei veri problemi che oggi ha l'Italia. Un problema per il quale non si vedono a breve vie d'uscita e la cui gravità non porta certo a "sprizzare ottimismo".È questo il senso delle parole che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha più volte usato in questi due giorni a Napoli, nel corso della visita alla sua città natale. Imprenditori, manager dell'economia, lavoratori, storici, politici ha incontrato il Capo dello Stato. Tutti incontri con un filo comune: il dolore, quasi, per quanto non è stato fino ad oggi fatto per le regioni meridionali e la preoccupazione per il futuro, che si presenta, anche a causa delle crisi economiche internazionali, oscuro. "Credo di avere il dovere di non abbattersi al pessimismo", ha detto Napolitano questa mattina nel corso di un incontro politico, il seminario della Fondazione "Mezzogiorno Europà. Aggiungendo però subito dopo - con parole che forse più indicano, fra le tante di peso pronunciate durante la "due giornì partenopea, il suo stato d'animo - che "da qui al dire che sprizzo ottimismo è uno sforzo perchè vedo delle resistenze che si oppongono al rilancio dell'impegno meridionalista". Da sottolineare che analoga preoccupazione Napolitano l'ha espressa per l'impegno europeista, venuto a mancare un pò ovunque a causa della "grandissima miopia" esistente nelle classi dirigenti e nelle leadership nazionali".Ma è il Sud a farla da padrone nelle parole del Presidente della Repubblica. Già ieri, intervenendo ad un convegno organizzato dall'Unione industriali di Napoli sul Mezzogiorno Napolitano aveva sottolineato "l'ultimo quindicennio" di scelte politiche quanto meno discutibili e prese con forse l'obiettivo, ma evidentemente non raggiunto, di ridurre il divario tra Nord e Sud. Se i comportamenti di tutti i soggetti, pubblici e privati, non cambiano nell'uso delle risorse disponibili per le regioni meridionali, aveva ammonito il Presidente, non si esce dal tunnel del "dopo", dal rinvio cioè sine die di ogni azione specificatamente rivolta a fare leva sugli spazi di crescita - molto più ampi al Sud che al Nord, ha sottolineato - che esistono nelle nostre aree meridionali. Un quadro, quello economico, sociale, politico del Sud che resta segnato da "luci e ombre", da "volontà di rilancio e ostacoli vecchi e nuovi". Un quadro non tranquillizzante quello fatto ieri da Napolitano ma che non ha nulla a che vedere con il disegno tratteggiato oggi dal Capo dello Stato, che ha parlato di una "clamorosa caduta di attenzione, di interesse, di volontà politica nel riproporre il problema Mezzogiorno". Un problema, dice con grande preoccupazione il Presidente, che si "fa sempre più fatica" a riproporre. Napolitano non ha dubbi, questa mancanza di attenzione, di incapacità nelle migliori delle ipotesi, nell'affrontare la questione nasce dall"impoverimento "morale e culturale della politica". Un fenomeno purtroppo '"sotto gli occhi di tutti" e al quale, dice preoccupato, "si fa grande fatica a reagire". Una reazione però necessaria, da parte delle istituzioni,  della politica intesa in senso lato, perchè altrimenti si perde ogni tipo di capacità di contrasto, laddove sia necessaria, a iniziative teoricamente rischiose per il Sud.Il Presidente della Repubblica sostiene, citando il dibattito in corso sul federalismo fiscale, che se la classe dirigente meridionale non dimostrerà "una forte capacità di autocritica e di autoriflessione" su come operato nel Mezzogiorno sarà poi impossibile avere titolo "per resistere alle interpretazioni più perverse del federalismo fiscale".Insomma un Napolitano grandemente preoccupato quello che trascorso gli ultimi due giorni a Napoli. Un Napolitano che non ha nascosto la sua mancanza di ottimismo, la sua sfiducia per il modo in cui negli ultimi anni la cosa pubblica è stata gestita al Sud. Ma un Napolitano che non può e non deve abbandonarsi, come dice lui stesso, al pessimismo anche perchè,  se si vuole, i risultati arrivano. "Io, lo sconforto lo evito per principio", dice prima di salire in macchina, dopo una visita al castello di Baia, alla volta di Roma. Lo sconforto, continua, "è un lusso che non ci possiamo concedere". Certo, "non riesco a fare esattamente, con il bilancino, la proporzione tra i motivi di preoccupazione e quelli di fiducia. Però - sottolinea - i motivi di fiducia sono forti. Le energie, le risorse ci sono. E, se a ciò si aggiunge anche un impegno rilevante di miglioramento del clima complessivo nel contesto istituzionale e amministrativo, Napoli e la Campania potranno ancora fare molta strada nonostante le difficoltà della fase attuale che tutti conosciamo".
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